Sunday, July 23, 2006

Storia Famiglia Cedolini

                        CEDOLINI di ZARA  




Bianco ad una banda nera centrale


Appartenenti ad un’antica famiglia della Nobiltà di Zara, nel 1283 furono accolti tra i nobili della città e nel 1384 furono riconosciuti Conti Veneti. Lasciarono nel 1663 uno stemma nell’aula di giurisprudenza dell’Università di Padova.



Persone di spicco 

CEDOLINI, Pietro. - Nacque a Zara nel 1544 da una antica casata patrizia, che con altre sedici costituiva in quell'epoca la nobiltà cittadina.

Conseguì il dottorato in diritto canonico a Roma, dove studiò in casa del cardinale Marco Antonio Da Mula e frequentò Tommaso Aldobrandini, fratello del futuro papa Clemente VIII. Rientrato nella città natale, vi divenne canonico della cattedrale nel 1568 eil 19 luglio 1577 fu eletto vescovo di Nona (Nin). Governò la diocesi per quasi quattro anni, pur non risiedendovi a causa della recente distruzione bellica dell'episcopio, per l'insalubrità del clima e la povertà estrema della zona.

Agostino Valier, vescovo di Verona, in occasione della sua visita apostolica in Dalmazia del 1579, espresse su di lui un parere lusinghiero e forse anche questa segnalazione concorse - insieme alle insistenze dell'interessato, alla sua padronanza della nativa lingua slava e alla cittadinanza veneta - a farlo scegliere dalla S. Sede come primo vescovo cattolico incaricato di svolgere una visita canonica, per certi aspetti informale, alle superstiti comunità cattoliche viventi nell'Impero ottomano.

La missione, che dal tempo del concilio di Firenze (1438-39) non aveva precedenti, era stata sollecitata dai cattolici di Pera e si presentava ardua e rischiosa, perché doveva svolgersi in incognito e in segreto. Accanto alle finalità pastorali, essa aveva come obiettivi paralleli una diretta informazione sullo stato d'animo della popolazione cristiana verso i Turchi ed una presa di contatto con il patriarca ortodosso di Costantinopoli, Geremia II Tranòs, per sondare la sua disponibilità ad assumere un'attitudine comune con Roma nei confronti della propaganda luterana tra i suoi fedeli e, soprattutto, contro i Turchi. Si comprende come il viaggio del C., nella precaria congiuntura politica creatasi in seguito alla battaglia di Lepanto e alla pace separata di Venezia e poi della Spagna, suscitasse diffidenze e riserve nelle potenze cristiane, che avevano ristabilito le relazioni diplomatiche con la Sublime Porta, privando l'inviato pontificio d'ogni appoggio dei rispettivi ambasciatori; solo l'oratore francese, Jacques de Germigny, gli ottenne dal luogotenente del visir un salvacondotto per la temporanea residenza nella capitale. La visita, di cui sussistono gli atti e le costituzioni, fu inizialmente finanziata dalla Camera apostolica con trecento scudi d'oro e si svolse tra Pera e Costantinopoli dal novembre 1580 alla fine d'aprile del 1581.

Il C. vi predicò l'avvento e la quaresima, celebrò pontificali, amministrò la cresima e l'ordine, e affidò due missioni al francescano Gerolamo Arsengo, di Chio e al domenicano Giovita da Brescia: una per visitare i pochi cattolici viventi in Valacchia e nelle regioni danubiane e per informarsi "d'alcuni populi christiani detti Paulini, Bulgari", in fama d'eresia; l'altra verso le terre dei Tartari e dei Circassi. Durante il soggiorno a Costantinopoli il visitatore prese contatto con Geremia II, che informò circa l'erezione del Collegio greco in Roma ed intrattenne circa la propaganda religiosa svolta dai luterani tedeschi nelle sue chiese, mediante opuscoli in greco. Sia all'andata sia al ritorno il viaggio fu fatto per via di terra, partendo da Ragusa, attraverso la Serbia, la Bosnia e la Bulgaria. Il ritorno fu irto di pericoli, anche per una quadruplice denuncia, sporta davanti ai Turchi ma poi rientrata, contro l'emissario pontificio accusato di spionaggio politico, di atti illegali e di mene eversive dal domenicano Agostino Ghisolfo, vicario in Pera del patriarca latino di Costantinopoli. Le proposte del C. a Gregorio XIII per fare fronte al disastroso stato spirituale dei cattolici viventi sotto il dominio turco appaiono interessanti per la loro modernità d'ispirazione. Consigliava infatti di sostituire in Pera i religiosi latini ivi residenti con una dozzina di confratelli d'origine greca o slava, di buona cultura e moralità, con rotazione triennale dei superiori; di stabilire e stipendiare in Costantinopoli un vescovo suffraganeo, religiosamente degno e politicamente idoneo, "di natione e di lingua greca o illirica"; di inviare una missione di gesuiti a Pera, per un apostolato culturale in greco (questo suggerimento, pochi anni dopo venne attuato); di curare il restauro delle tre chiese cattoliche ancora aperte a Costantinopoli e delle nove di Pera.

Anche nella sua lettera del 1592 a Clemente VIII, il C., trasferito intanto (20 febbr. 1581) alla sede episcopale di Lesina (Hvar), insiste nel patrocinare una nutrita scelta di vescovi della nazione per le vastissime province dell'Est europeo abitate da popoli slavi: dall'Istria e Carniola alla Russia, dalla Polonia alla Macedonia e alla Dalmazia. Nel suo scritto del 1594 Per la diffesacontro il Turco (edito nel 1913 da K. P. Horvat) egli tradisce un vivo interesse politico ed una comprensibile ed ostile attenzione agli aspetti geografici, economici e strategici dell'espansione turca. Prevedendo un nuovo attacco all'Europa, in Italia e in Croazia, suggerisce al papa, conosciuto in gioventù a Roma, di favorire l'alleanza degli Stati cattolici con lo zar moscovita, di cui ricorda le ripetute buone disposizioni mostrate alla S. Sede.

Il C. continuò a vivere a Zara, pur occupandosi con solerzia del governo pastorale del proprio gregge, con la celebrazione di due sinodi diocesani nel 1586 e nel 1596 e la partecipazione al concilio provinciale di Spalato nel 1607. Il carattere deciso lo portò a scomunicare il provveditore generale di Venezia a Zara e ad affiggere di persona il decreto nel suo palazzo grazie ad un rocambolesco travestimento. Fuggì quindi ad Ancona e a Roma finché poté tornare in patria, ammonito, dopo una trattativa tra la S. Sede e la Serenissima per superare l'imbarazzante incidente diplomatico. Continuò a dirigervi la diocesi, ormai cieco, fino al 1634, quando, decano dell'Ordine dei vescovi, morì all'età di novant'anni. Benché fin dal 1600 avesse predisposto il proprio sepolcro, con l'iscrizione e lo stemma di famiglia, nella cattedrale di Zara, venne sepolto a Lesina.

CEDOLINI, Marin: Nobile di Zara, Generale che nel 1213 riporto' dalla Terrasanta Tredici Galere di Zaratini e Genovesi



Fonti e Bibl.: 
  • http://www.treccani.it/enciclopedia/pietro-cedolini_(Dizionario-Biografico)/
  • G. Maffei, Degli annali di Gregorio XIII, a cura di C. Cocquelines, II, Roma 1742, pp. 144-50; D. Farlato, Illyrici sacri t. IV …, Venetiis 1769, pp. 227, 274 s.; Vetera monum. Slavorum meridionalium a Clemente VII usque ad Pium VII historiam illustrantia, a cura di A. Theiner, II, Zagrabiae 1875, pp. 83 s.; G. F. Bianchi, Zara cristiana, I,Zara 1877, pp. 208 s.; A. Gottlob, Die lateinischen Kirchengemeinden in der Türkei und ihre Visitation durch Petrus Cedulini, Bischof von Nona (1580-1581), in Histor. Jahrbuch, VI(1885), pp. 42-72; K. P. Horvat, Prilozi za hrvatsku povijest iz archiva rimskih (Contributi per la storia croata dagli archivi romani), in Starine, XXXIV(1913), pp. 555-59; V. Peri, Due date, un'unica Pasqua. Le origini della moderna disparità liturgica in una trattativa tra Roma e Costantinapoli (1582-84),Milano 1967, pp. 28, 41, 76, 119, 141, 240.
  • Istoria della insigne reliquia di San Simeone profeta che si venera in Zara
  • Heyer von Rosenfeld, Wappenbuch von Dalmatien
  • Istoria della Insigne Reliquia di San Simeone Profeta, 1263
  • Ghezzo, I Dalmati all’Università
  • di Padova dagli atti dei Gradi Accademici
  • Rossetti,Gli Stemmi dello Studio di Padova

Sunday, July 2, 2006

Storia Famiglia de Medici

de MEDICI 



I Medici sono un'antica famiglia fiorentina, protagonisti di centrale importanza nella storia d'Italia e d'Europa dal XV al XVIII secolo. Essi ottennero il controllo dello stato fiorentino con Cosimo il Vecchio, reggendo in seguito le sorti della città prima, del Granducato di Toscana poi, dal 1434 fino al 1737. Originari della regione del Mugello, probabilmente appartenenti alla piccola nobiltà di campagna inurbata a partire dal XII secolo, inizialmente le attività dei Medici delle prime generazioni riguardarono la mercatura tessile, l'agricoltura e solo sporadicamente l'attività bancaria. Dopo la fondazione del Banco dei Medici ad opera di Giovanni di Bicci la famiglia divenne ricchissima e potente, tanto da finanziare il Papato, la conquista del ducato di Milano da parte di Francesco Sforza e la vittoria di Edoardo di York nella Guerra delle due rose. Con l'avvento al governo di Cosimo e di suo nipote Lorenzo, incarnazione del principe umanista, il potere mediceo fu uno dei principali poli propulsivi del Rinascimento: i signori di Firenze erano trattati come sovrani dagli altri monarchi europei, e la vita artistica e culturale della Firenze del XV secolo era punto di riferimento per tutta Europa, grazie anche all'instancabile opera di promozione culturale svolta dal Magnifico. Politicamente, Lorenzo si premurò di conservare l'equilibrio degli Stati italiani attraverso la salvaguardia della Lega Italica promossa dal nonno, garantendo all'Italia un lungo periodo di pace interna e di sviluppo. Dopo la sua morte nel 1492, i suoi eredi non furono altrettanto capaci, contribuendo a far precipitare la Penisola nella rovinosa serie di conflitti noti come Guerre d'Italia, che segnarono la sempre maggiore marginalizzazione degli Stati italiani nell'Europa delle grandi potenze nazionali.

La famiglia Medici ha dato tre papi alla Chiesa cattolica: Leone X, figlio di Lorenzo il Magnifico, fu colui che diede impulso alla Riforma protestante pronunciando la scomunica di Martin Lutero, suo cugino Clemente VII fu invece colui che, negando il divorzio ad Enrico VIII d'Inghilterra provocò lo Scisma anglicano; entrambi furono grandi mecenati nella tradizione di famiglia. Il terzo papa mediceo, Leone XI, regnò invece per meno di un mese nell'aprile del 1605. La famiglia conta anche due regine di Francia: Caterina de' Medici, l'ultima discendente diretta del Magnifico, e Maria, figlia del Granduca Francesco I e nonna del Re Sole Luigi XIV.

Con l'avvento del Granducato nella seconda metà del XVI secolo i Medici divennero sovrani a tutti gli effetti unificando sotto il loro scettro gran parte della Toscana, con l'unica eccezione dell'indipendente Repubblica di Lucca e dello Stato dei Presidi, sotto dominazione spagnola. Il governo dei granduchi medicei fu inizialmente illuminato come quello dei loro avi: essi diedero impulso ai commerci, proclamarono la tolleranza religiosa con le famose Leggi Livornine del 1591-1593 e furono mecenati delle arti e della scienza, patrocinando Galileo Galilei, astronomo di corte di Cosimo II de' Medici, e fondando, con il cardinale Leopoldo, l'Accademia del Cimento, la prima istituzione scientifica in Europa a promuovere il metodo sperimentale di Galileo. Tuttavia, con l'avvento del XVIII secolo, il malgoverno degli ultimi granduchi portò lo Stato alla bancarotta, e alla morte senza eredi dell'ultimo sovrano mediceo Gian Gastone la Toscana venne assegnata dalle Potenze europee al duca lorenese Francesco Stefano, marito dell'imperatrice Maria Teresa d'Austria, rimanendo ai loro discendenti fino all'Unità d'Italia. La sorella di Gian Gastone, Anna Maria Luisa de' Medici, lasciò per testamento l'immenso patrimonio artistico della famiglia alla città di Firenze, affinché non venisse disperso e potesse divenire oggetto "della curiosità dei forestieri", come scrisse lei stessa.

Attualmente sopravvivono solo tre rami collaterali della dinastia: quello dei Medici di Ottajano, principi di Ottajano e duchi di Sarno, trapiantati a Napoli sin dal XVI secolo, quello dei Medici-Tornaquinci, marchesi di Castellina, rimasti nell'originaria Toscana, e quello dei Peruzzi.

Referenze: