Sunday, July 23, 2006

Storia Famiglia Cedolini

                        CEDOLINI di ZARA  




Bianco ad una banda nera centrale


Appartenenti ad un’antica famiglia della Nobiltà di Zara, nel 1283 furono accolti tra i nobili della città e nel 1384 furono riconosciuti Conti Veneti. Lasciarono nel 1663 uno stemma nell’aula di giurisprudenza dell’Università di Padova.



Persone di spicco 

CEDOLINI, Pietro. - Nacque a Zara nel 1544 da una antica casata patrizia, che con altre sedici costituiva in quell'epoca la nobiltà cittadina.

Conseguì il dottorato in diritto canonico a Roma, dove studiò in casa del cardinale Marco Antonio Da Mula e frequentò Tommaso Aldobrandini, fratello del futuro papa Clemente VIII. Rientrato nella città natale, vi divenne canonico della cattedrale nel 1568 eil 19 luglio 1577 fu eletto vescovo di Nona (Nin). Governò la diocesi per quasi quattro anni, pur non risiedendovi a causa della recente distruzione bellica dell'episcopio, per l'insalubrità del clima e la povertà estrema della zona.

Agostino Valier, vescovo di Verona, in occasione della sua visita apostolica in Dalmazia del 1579, espresse su di lui un parere lusinghiero e forse anche questa segnalazione concorse - insieme alle insistenze dell'interessato, alla sua padronanza della nativa lingua slava e alla cittadinanza veneta - a farlo scegliere dalla S. Sede come primo vescovo cattolico incaricato di svolgere una visita canonica, per certi aspetti informale, alle superstiti comunità cattoliche viventi nell'Impero ottomano.

La missione, che dal tempo del concilio di Firenze (1438-39) non aveva precedenti, era stata sollecitata dai cattolici di Pera e si presentava ardua e rischiosa, perché doveva svolgersi in incognito e in segreto. Accanto alle finalità pastorali, essa aveva come obiettivi paralleli una diretta informazione sullo stato d'animo della popolazione cristiana verso i Turchi ed una presa di contatto con il patriarca ortodosso di Costantinopoli, Geremia II Tranòs, per sondare la sua disponibilità ad assumere un'attitudine comune con Roma nei confronti della propaganda luterana tra i suoi fedeli e, soprattutto, contro i Turchi. Si comprende come il viaggio del C., nella precaria congiuntura politica creatasi in seguito alla battaglia di Lepanto e alla pace separata di Venezia e poi della Spagna, suscitasse diffidenze e riserve nelle potenze cristiane, che avevano ristabilito le relazioni diplomatiche con la Sublime Porta, privando l'inviato pontificio d'ogni appoggio dei rispettivi ambasciatori; solo l'oratore francese, Jacques de Germigny, gli ottenne dal luogotenente del visir un salvacondotto per la temporanea residenza nella capitale. La visita, di cui sussistono gli atti e le costituzioni, fu inizialmente finanziata dalla Camera apostolica con trecento scudi d'oro e si svolse tra Pera e Costantinopoli dal novembre 1580 alla fine d'aprile del 1581.

Il C. vi predicò l'avvento e la quaresima, celebrò pontificali, amministrò la cresima e l'ordine, e affidò due missioni al francescano Gerolamo Arsengo, di Chio e al domenicano Giovita da Brescia: una per visitare i pochi cattolici viventi in Valacchia e nelle regioni danubiane e per informarsi "d'alcuni populi christiani detti Paulini, Bulgari", in fama d'eresia; l'altra verso le terre dei Tartari e dei Circassi. Durante il soggiorno a Costantinopoli il visitatore prese contatto con Geremia II, che informò circa l'erezione del Collegio greco in Roma ed intrattenne circa la propaganda religiosa svolta dai luterani tedeschi nelle sue chiese, mediante opuscoli in greco. Sia all'andata sia al ritorno il viaggio fu fatto per via di terra, partendo da Ragusa, attraverso la Serbia, la Bosnia e la Bulgaria. Il ritorno fu irto di pericoli, anche per una quadruplice denuncia, sporta davanti ai Turchi ma poi rientrata, contro l'emissario pontificio accusato di spionaggio politico, di atti illegali e di mene eversive dal domenicano Agostino Ghisolfo, vicario in Pera del patriarca latino di Costantinopoli. Le proposte del C. a Gregorio XIII per fare fronte al disastroso stato spirituale dei cattolici viventi sotto il dominio turco appaiono interessanti per la loro modernità d'ispirazione. Consigliava infatti di sostituire in Pera i religiosi latini ivi residenti con una dozzina di confratelli d'origine greca o slava, di buona cultura e moralità, con rotazione triennale dei superiori; di stabilire e stipendiare in Costantinopoli un vescovo suffraganeo, religiosamente degno e politicamente idoneo, "di natione e di lingua greca o illirica"; di inviare una missione di gesuiti a Pera, per un apostolato culturale in greco (questo suggerimento, pochi anni dopo venne attuato); di curare il restauro delle tre chiese cattoliche ancora aperte a Costantinopoli e delle nove di Pera.

Anche nella sua lettera del 1592 a Clemente VIII, il C., trasferito intanto (20 febbr. 1581) alla sede episcopale di Lesina (Hvar), insiste nel patrocinare una nutrita scelta di vescovi della nazione per le vastissime province dell'Est europeo abitate da popoli slavi: dall'Istria e Carniola alla Russia, dalla Polonia alla Macedonia e alla Dalmazia. Nel suo scritto del 1594 Per la diffesacontro il Turco (edito nel 1913 da K. P. Horvat) egli tradisce un vivo interesse politico ed una comprensibile ed ostile attenzione agli aspetti geografici, economici e strategici dell'espansione turca. Prevedendo un nuovo attacco all'Europa, in Italia e in Croazia, suggerisce al papa, conosciuto in gioventù a Roma, di favorire l'alleanza degli Stati cattolici con lo zar moscovita, di cui ricorda le ripetute buone disposizioni mostrate alla S. Sede.

Il C. continuò a vivere a Zara, pur occupandosi con solerzia del governo pastorale del proprio gregge, con la celebrazione di due sinodi diocesani nel 1586 e nel 1596 e la partecipazione al concilio provinciale di Spalato nel 1607. Il carattere deciso lo portò a scomunicare il provveditore generale di Venezia a Zara e ad affiggere di persona il decreto nel suo palazzo grazie ad un rocambolesco travestimento. Fuggì quindi ad Ancona e a Roma finché poté tornare in patria, ammonito, dopo una trattativa tra la S. Sede e la Serenissima per superare l'imbarazzante incidente diplomatico. Continuò a dirigervi la diocesi, ormai cieco, fino al 1634, quando, decano dell'Ordine dei vescovi, morì all'età di novant'anni. Benché fin dal 1600 avesse predisposto il proprio sepolcro, con l'iscrizione e lo stemma di famiglia, nella cattedrale di Zara, venne sepolto a Lesina.

CEDOLINI, Marin: Nobile di Zara, Generale che nel 1213 riporto' dalla Terrasanta Tredici Galere di Zaratini e Genovesi



Fonti e Bibl.: 
  • http://www.treccani.it/enciclopedia/pietro-cedolini_(Dizionario-Biografico)/
  • G. Maffei, Degli annali di Gregorio XIII, a cura di C. Cocquelines, II, Roma 1742, pp. 144-50; D. Farlato, Illyrici sacri t. IV …, Venetiis 1769, pp. 227, 274 s.; Vetera monum. Slavorum meridionalium a Clemente VII usque ad Pium VII historiam illustrantia, a cura di A. Theiner, II, Zagrabiae 1875, pp. 83 s.; G. F. Bianchi, Zara cristiana, I,Zara 1877, pp. 208 s.; A. Gottlob, Die lateinischen Kirchengemeinden in der Türkei und ihre Visitation durch Petrus Cedulini, Bischof von Nona (1580-1581), in Histor. Jahrbuch, VI(1885), pp. 42-72; K. P. Horvat, Prilozi za hrvatsku povijest iz archiva rimskih (Contributi per la storia croata dagli archivi romani), in Starine, XXXIV(1913), pp. 555-59; V. Peri, Due date, un'unica Pasqua. Le origini della moderna disparità liturgica in una trattativa tra Roma e Costantinapoli (1582-84),Milano 1967, pp. 28, 41, 76, 119, 141, 240.
  • Istoria della insigne reliquia di San Simeone profeta che si venera in Zara
  • Heyer von Rosenfeld, Wappenbuch von Dalmatien
  • Istoria della Insigne Reliquia di San Simeone Profeta, 1263
  • Ghezzo, I Dalmati all’Università
  • di Padova dagli atti dei Gradi Accademici
  • Rossetti,Gli Stemmi dello Studio di Padova

Sunday, July 2, 2006

Storia Famiglia de Medici

de MEDICI 



I Medici sono un'antica famiglia fiorentina, protagonisti di centrale importanza nella storia d'Italia e d'Europa dal XV al XVIII secolo. Essi ottennero il controllo dello stato fiorentino con Cosimo il Vecchio, reggendo in seguito le sorti della città prima, del Granducato di Toscana poi, dal 1434 fino al 1737. Originari della regione del Mugello, probabilmente appartenenti alla piccola nobiltà di campagna inurbata a partire dal XII secolo, inizialmente le attività dei Medici delle prime generazioni riguardarono la mercatura tessile, l'agricoltura e solo sporadicamente l'attività bancaria. Dopo la fondazione del Banco dei Medici ad opera di Giovanni di Bicci la famiglia divenne ricchissima e potente, tanto da finanziare il Papato, la conquista del ducato di Milano da parte di Francesco Sforza e la vittoria di Edoardo di York nella Guerra delle due rose. Con l'avvento al governo di Cosimo e di suo nipote Lorenzo, incarnazione del principe umanista, il potere mediceo fu uno dei principali poli propulsivi del Rinascimento: i signori di Firenze erano trattati come sovrani dagli altri monarchi europei, e la vita artistica e culturale della Firenze del XV secolo era punto di riferimento per tutta Europa, grazie anche all'instancabile opera di promozione culturale svolta dal Magnifico. Politicamente, Lorenzo si premurò di conservare l'equilibrio degli Stati italiani attraverso la salvaguardia della Lega Italica promossa dal nonno, garantendo all'Italia un lungo periodo di pace interna e di sviluppo. Dopo la sua morte nel 1492, i suoi eredi non furono altrettanto capaci, contribuendo a far precipitare la Penisola nella rovinosa serie di conflitti noti come Guerre d'Italia, che segnarono la sempre maggiore marginalizzazione degli Stati italiani nell'Europa delle grandi potenze nazionali.

La famiglia Medici ha dato tre papi alla Chiesa cattolica: Leone X, figlio di Lorenzo il Magnifico, fu colui che diede impulso alla Riforma protestante pronunciando la scomunica di Martin Lutero, suo cugino Clemente VII fu invece colui che, negando il divorzio ad Enrico VIII d'Inghilterra provocò lo Scisma anglicano; entrambi furono grandi mecenati nella tradizione di famiglia. Il terzo papa mediceo, Leone XI, regnò invece per meno di un mese nell'aprile del 1605. La famiglia conta anche due regine di Francia: Caterina de' Medici, l'ultima discendente diretta del Magnifico, e Maria, figlia del Granduca Francesco I e nonna del Re Sole Luigi XIV.

Con l'avvento del Granducato nella seconda metà del XVI secolo i Medici divennero sovrani a tutti gli effetti unificando sotto il loro scettro gran parte della Toscana, con l'unica eccezione dell'indipendente Repubblica di Lucca e dello Stato dei Presidi, sotto dominazione spagnola. Il governo dei granduchi medicei fu inizialmente illuminato come quello dei loro avi: essi diedero impulso ai commerci, proclamarono la tolleranza religiosa con le famose Leggi Livornine del 1591-1593 e furono mecenati delle arti e della scienza, patrocinando Galileo Galilei, astronomo di corte di Cosimo II de' Medici, e fondando, con il cardinale Leopoldo, l'Accademia del Cimento, la prima istituzione scientifica in Europa a promuovere il metodo sperimentale di Galileo. Tuttavia, con l'avvento del XVIII secolo, il malgoverno degli ultimi granduchi portò lo Stato alla bancarotta, e alla morte senza eredi dell'ultimo sovrano mediceo Gian Gastone la Toscana venne assegnata dalle Potenze europee al duca lorenese Francesco Stefano, marito dell'imperatrice Maria Teresa d'Austria, rimanendo ai loro discendenti fino all'Unità d'Italia. La sorella di Gian Gastone, Anna Maria Luisa de' Medici, lasciò per testamento l'immenso patrimonio artistico della famiglia alla città di Firenze, affinché non venisse disperso e potesse divenire oggetto "della curiosità dei forestieri", come scrisse lei stessa.

Attualmente sopravvivono solo tre rami collaterali della dinastia: quello dei Medici di Ottajano, principi di Ottajano e duchi di Sarno, trapiantati a Napoli sin dal XVI secolo, quello dei Medici-Tornaquinci, marchesi di Castellina, rimasti nell'originaria Toscana, e quello dei Peruzzi.

Referenze:

Tuesday, June 6, 2006

Storia Famiglia Giustinian o Giustiniani

GIUSTINIAN o GIUSTINIANI (Venezia, Genova, Roma)




Origine


I Giustinian o Giustiniani furono una nobile casata veneziana, ascritta al patriziato fra le cosiddette famiglie evangeliche. Diedero un doge alla Serenissima.



Secondo una tradizione, le origini della famiglia Giustiniani sarebbero da ricercare nella Gens Anicia, una antica gens romana. Secondo un'altra leggenda, I cronisti medievali farebbero risalire questa famiglia dall'imperatore Giustino II, nipote e successore del noto Giustiniano I.


GIUSTINIAN di VENEZIA


Il Beato Niccolò Giustinian - Madonna dell'Orto

Un suo discendente, Giustiniano, nel VII secolo si sarebbe trasferito da Costantinopoli nell'Istria, dove avrebbe fondato Giustinopoli (Capodistria), quindi a Malamocco e infine a Venezia. Nicolò Giustinian, monaco a San Nicolò del Lido, fu protagonista di una vicenda particolare. Nel 1171 tutti gli individui di sesso maschile della famiglia erano morti durante la guerra contro l'imperatore bizantino Manuele I Comneno. Questo portò papa Alessandro III a dispensarlo dal voto di castità, permettendogli così di sposare la figlia del doge Vitale II Michiel, Anna, al fine di evitare l'estinzione della famiglia. La coppia ebbe figli, ma in seguito Nicolò tornò nel monastero, mentre Anna prese i voti ed entrò nel convento di Sant'Ariano di Costanziaco, da lei stessa fondato.

I Giustinian Lolin furono un ramo di questa famiglia residente a San Barnaba. Giovanni Giustinian Lolin ne fu il capostipite: nato da Franceschina Lolin e da Francesco Giustinian, mantenne entrambi i cognomi.

I Giustinian Recanati furono un altro ramo del casato: comparvero nel secolo XVIII a seguito del matrimonio (celebrato nel 1712) tra Laura Recanati Zucconi e Giacomo di Marcantonio Giustinian. La nobildonna Laura, infatti, si ritrovò unica erede della propria famiglia, i Recanati Zucconi, alla morte del di lei fratello Antonio, frate cappuccino[2]. La loro discendenza assunse quindi il cognome di "Giustinian Recanati".



Essendosi estinti tutti i rami della famiglia Giustiniani (Giustinian) di Venezia, il cognome e lo stemma sono stati assunti dal barone Gerolamo de Massa (n. a Padova il 21 aprile 1889) e dai suoi figli Sebastiano, Andrea, Nicolò, Pio, Giorgio e Lorenzo e loro discendenti, per disposizione testamentaria della madre Elisabetta Giustiniani (figlia di Giulio Giustiniani ramo di San Barnaba, sorella di Maria Giustiniani sposata Vettor Giusti del Giardino e di Sebastiano Giustiniani, entrambi senza discendenza).



Membri illustri: 
  • Pantaleone Giustinian (primi del XIII secolo-1286), ecclesiastico (di San Giovanni in Bragora)
  • Marco Giustinian (XIII secolo), diplomatico (di San Pantalon)
  • Marco Giustinian (1283-1346), politico e diplomatico (di San Moisè)
  • Nicolò Giustinian (1290 ca.-1370), politico e diplomatico (di San Pantalon)
  • Pancrazio Giustinian (XIV secolo), politico e militare (di Santa Sofia)
  • Pietro Giustinian (primi del XIV secolo-1385), politico (di San Giovanni in Bragora)
  • Taddeo Giustinian (dopo il 1308-1383), politico e militare (di San Moisè)
  • Marco Giustinian (1320 ca.-1380 ca.), politico e diplomatico (di San Cassiano)
  • San Lorenzo Giustinian, nato Giovanni (1381-1456), vescovo (di San Moisè)
  • Leonardo Giustinian (1388 – 1446) politico e umanista
  • Orsotto Giustinian (1394-1464), politico e letterato
  • Beata Euphemia Giustiniano (1408-1487) abbadessa di monastero di Monache Benedettine- Chiesa della Santa Croce della Giudecca vulgo della Croce.
  • Bernardo Giustinian (1408-1489), politico, diplomatico e letterato
  • Sebastiano Giustinian (1459-1542), politico e diplomatico
  • Antonio Giustinian (1466-1524), politico e diplomatico (di San Pantalon)
  • Nicolò Giustinian (1472-1551), politico e diplomatico (di San Pantalon)
  • Tommaso Giustinian, nato Paolo (1476-1528), ecclesiastico
  • Marino Giustinian (1491-1542), politico e diplomatico
  • Pietro Giustiniani (1497-1576), politico e storico (di San Barnaba)
  • Giovanni Giustinian (1501-1557) letterato e drammaturgo
  • Francesco Giustinian (1508-1554), diplomatico (di San Pantalon)
  • Pietro Giustiniani (1510 circa-1572), comandante del contingente dei Cavalieri di Malta durante la battaglia di Lepanto
  • Marcantonio Giustinian (1516-1571), stampatore
  • Giustiniano Giustinian (1525-1596), politico (di Santi Apostoli)
  • Orsatto Giustinian (1538-1608), politico e letterato (di Negroponte)
  • Marco Giustinian (1549-1581), politico e diplomatico (di Calle delle Acque)
  • Giorgio Giustinian (1572-1629), politico e diplomatico (di San Moisè)
  • Giovanni Giustinian (1600-1652), politico e diplomatico (di Santa Croce)
  • Girolamo Giustinian (1619-1656), politico e diplomatico (delle Budelle d'Oro)
  • Marcantonio Giustinian (1619-1688), doge (delle Budelle d'Oro)
  • Francesco Giustinian (1628-1660), diplomatico
  • Ascanio detto Giulio Giustinian (1640-1715), politico e diplomatico (di San Stae)
  • Paolo Francesco Giustinian, nato Giulio Ascanio (1715–1789), arcivescovo
  • Girolamo Ascanio Giustinian (1721-1791), politico e diplomatico (di Calle delle Acque)
  • Giambattista Giustinian (1816–1888), politico

Palazzi e Dimore
  • Palazzo Giustinian a Venezia.
  • Villa Giustiniani - Vanzo di San Pietro Viminario (PD)
  • Villa Giustinian a Portobuffolè (TV)



GIUSTINIAN di GENOVA



I Giustiniani furono un importante albergo genovese, nato nel 1362 dall'aggregazione delle famiglie che costituivano la Maona di Chio, associazione commerciale incaricata dell'amministrazione dell'isola di Chionel Mar Egeo. Tra i diversi esponenti illustri compaiono letterati, cardinali e otto dogi della Repubblica di Genova.


Storia

Secondo una tradizione, le origini della famiglia Giustiniani sarebbero da ricercare nella Gens Anicia, una antica gens romana. Secondo un'altra leggenda, famosa ma senza riscontri storici, sia i Giustiniani genovesi che l'omonima famiglia veneziana discenderebbero invece dall'imperatore bizantino Giustino II, nipote di Giustiniano I.


I Giustiniani mantennero, con diverse fortune, il controllo di Chio fino al 1566. Per quasi due secoli godettero del titolo di signori dell'isola, potevano battere moneta e gestirono il monopolio del commercio del mastice estratto dal lentisco e dell'allume, oltre al commercio di sale, vino, seta e altre merci provenienti dal vicino oriente. Storicamente i Giustiniani genovesi nacquero come aggregazione di alcune famiglie che nel 1347 (o nel 1349 secondo altre fonti) erano state incaricate dal governo genovese dello sfruttamente dell'isola di Chio e delle vicine Cos, Samo, Icaria e Focea. Tali famiglie formarono un'associazione commerciale detta maona e nel 1362 decisero di associarsi in albergo e adottare Giustiniani come appellativo comune. Tale nome deriverebbe dal palazzo Giustiniani, la dimora genovese dove erano soliti riunirsi, forse in precedenza di proprietà della famiglia Giustiniani veneziana. I membri della prima maona Giustiniani furono Nicolò de Caneto da Lavagna, Giovanni Campi, Francesco Arangio, Nicolò di San Teodoro, Gabriele Adorno, Paolo Banca, Tommaso Longo, Andriolo Campi, Raffaello de Forneto, Luchino Negro, Pietro Oliverio e Francesco Garibaldi. Successivamente Caneto, Arangio e San Teodoro lasciarono la società e al loro posto entrarono Frogosi, Recanelli e Rocca.

Il 14 aprile 1566 Chio fu attaccata e conquistata dai turchi. Diversi notabili dell'isola furono catturati, i loro figli presi in ostaggio e diciotto di essi giustiziati. Tra i Giustiniani superstiti molti tornarono a Genova mentre altri si trasferirono a Roma, a Napoli o in altre città. Alcuni coloni rimasero infine a Chio e sull'isola è ancora presente il cognome Giustiniani e sue varianti.
A Roma, dove già risiedeva il cognato cardinale Vincenzo, si trasferì in particolare Giuseppe Giustiniani che divenne ben presto, grazie alle sue grandi ricchezze, uno dei banchieri più in vista della città. Tra i suoi figli, Benedetto divenne cardinale mentre Vincenzo fu un importante collezionista d'arte. A Roma Giuseppe acquistò il palazzo ora utilizzato come residenza del Presidente del Senato della Repubblica.

Anche durante il periodo della dominazione di Chio i Giustiniani mantennero legami molto forti con Genova, partecipando attivamente alla vita politica della città e imparentandosi con le altre grandi famiglie nobiliari, pur cercando di mantenersi neutrali nel caso di lotte tra fazioni avversarie. Appartennero ai Giustiniani otto dogi della Repubblica di Genova e un gran numero di senatori e magistrati.

A Genova ai Giustiniani sono dedicate una delle principali via del centro storico, antica direttrice cittadina che collega Piazza San Giorgio e Piazza Ferretto e sulla quale si affacciavano molto palazzi di proprietà della casata e delle famiglie associate, una piazzetta che si apre a metà della precedente via, circondata su due lati dal Palazzo Marcantonio Giustiniani e su cui affaccia anche Palazzo Vincenzo Giustiniani Banca, entrambi palazzi dei rolli, e un vicolo che collega Via San Bernardo a Piazza Embriaci.
A Roma vi sono una via dei Giustiniani di fronte al palazzo di Giuseppe Giustiniani e una piazza dedicata al cardinale Orazio Giustiniani.


Arma



L'arma della famiglia era "di rosso al castello fortificato di tre torri, quella di mezzo più alta: il tutto d'argento, al capo d'oro alla aquila nascente coronata di nero". L'aquila imperiale fu aggiunta nel 1413 con il permesso dell'imperatore Sigismondo, che aveva nominato Francesco Campi Giustiniani, ambasciatore presso la sua corte, conte Palatino.

Giustiniani di Bassano


Un ramo della famiglia Giustiniani si insediò a Roma ove ottenne il titolo di principe di Bassano Romano:
  • Andrea (1605 - 1676), I principe di Bassano
  • Carlo Benedetto (1649 - 1679), II principe di Bassano
  • Vincenzo (1673 - 1754), III principe di Bassano
  • Girolamo Vincenzo (1714 - 1757), IV principe di Bassano
  • Benedetto (1735 - 1793), V principe di Bassano
  • Vincenzo (1762 - 1826), VI principe di BassanoEstinzione della casata

Giustiniani Bandini


All'estinzione della casata principale, il titolo principesco ed i possedimenti vennero reclamati dalla famiglia Bandini, marchesi di Lanciano, nella persona di don Sigismondo figlio di Cecila e nipote di Vincenzo, VI principe di Bassano. Questi ottenne nel 1863 con breve pontificio di poter inquartare il proprio stemma di famiglia a quello dei Giustiniani, assumendo la qualifica di principe sul cognome.
  • Sigimsondo (1818-1908), I principe Giustiniani Bandini
  • Carlo (1862-1941), II principe Giustiniani Bandini
  • Giuseppe (1896-1916), nobile romano --> Estinzione della casata

Personaggi illustri


Tra i membri illustri della famiglia Giustiniani è possibile ricordare
  • Agostino Giustiniani (1470-1536), vescovo e autore di annali della Repubblica di Genova
  • Alessandro Giustiniani (1778-1843), cardinale
  • Alessandro Giustiniani Longo (1554-1631), doge della Repubblica di Genova tra il 1611 e il 1613
  • Andreolo Giustiniani (1385-1456), antiquario e scrittore
  • Benedetto Giustiniani (1554-1621), cardinale
  • Brizio Giustiniani (1713-1778), doge della Repubblica di Genova tra il 1775 e il 1777
  • Francesco Giustiniani Garibaldo (1336-1408), doge della Repubblica di Genova nel 1393
  • Giannandrea Giustiniani Longo (1494-1554), doge della Repubblica di Genova tra il 1539 e il 1541
  • Giovanni Agostino Giustiniani Campi (1538-1613), doge della Repubblica di Genova tra il 1591 e il 1593
  • Giovanni Antonio Giustiniani (1676-1735), doge della Repubblica di Genova tra il 1713 e il 1715
  • Giovanni Giustiniani Longo (1418-1453), condottiero
  • Luca Giustiniani (1586-1651), doge della Repubblica di Genova tra il 1644 e il 1646
  • Orazio Giustiniani (1580-1649), cardinale
  • Paolo Giustiniani Moneglia (1506-1586), doge della Repubblica di Genova tra il 1569 e il 1571
  • Pier Giuseppe Giustiniani ( - 1651), poeta
  • Pompeo Giustiniani (1569-1616), condottiero
  • Vincenzo Giustiniani (cardinale) (1516-1582), cardinale
  • Vincenzo Giustiniani (marchese) (1564-1637), banchiere e collezionista d'arte

Le residenze

Palazzo Marcantonio Giustiniani a Genova

Tre le residenze genovesi appartenute ai Giustiniani si ricordano
  • Palazzo Alessandro Giustiniani: situato in via San Bernardo nel centro storico cittadino, fu inserito tra i Rolli degli alloggiamenti pubblici nel 1599, quando era di proprietà di Alessandro Giustiniani.
  • Palazzo Marcantonio Giustiniani: situato in Piazza Giustiniani 6 a Genova, fa parte dei palazzi iscritti all'elenco dei Rolli degli alloggiamenti pubblici. Deve il nome al nobile genovese che lo ingrandì e ristrutturò tra il XVII e il XVIII secolo.
  • Palazzo Vincenzo Giustiniani Banca: fatto costruire dal cardinale Vincenzo Giustiniani, fa parte dei palazzi di Rolli.
  • Villa Giustiniani-Cambiaso: fu costruita nel 1548 dal nobile Luca Giustiniani, padre del doge Alessandro Giustiniani Longo, che ne affidò il progetto all'architetto perugino Galeazzo Alessi. Passò in seguito alla famiglia Cambiaso e dal 1921 è sede della facoltà di ingegneria dell'Università di Genova.

Tra le residenze romane è possibile citare
  • Palazzo Giustiniani: acquistato nel 1590 da Giuseppe Giustiniani arrivato a Roma dopo aver lasciato Chio, rimase di proprietà della famiglia fino al 1859. È oggi la residenza del Presidente del Senato della Repubblica.
  • Villa Giustinian Maccan di Portobuffole, del 1600 venne fatta costruire dai Cellini, nobile famiglia toscana, ma passò molto presto ai Giustiniani.
  • Villa Giustiniani Massimo: fu costruita nel 1605 dal marchese Vincenzo Giustiniani, che vi conservò le proprie collezioni d'arte.
  • Villa Giustiniani Odescalchi fu costruita dal marchese Vincenzo Giustiniani a Bassano Romano


Refrenze:
https://it.wikipedia.org/wiki/Giustinian
Alessandro Augusto Monti Della Corte, Armerista bresciano, camuno, benacense e di Valsabbia, Brescia, Tipolitografia Geroldi, 1974.
Recanati - Dizionario Storico-Portatile Di Tutte Le Venete Patrizie Famiglie
Dec. Presidenza - provvisoria - della Repubblica 6 nov. 1947

Storia Famiglia Floriani

FLORIANI 
Blasone della famiglia Floriani o Floriano. Fonti: "Armorial Général par J.B.Rietstap - Deuxième èdition refondue et augmentée - Tome I A-K" p. 682; "Archivio storico" di Heraldrys Institute of Rome.


Origine  

Antica famiglia di Foligno, detta Floriani o Floriano, al cui patriziato era ascritta, sin dal 1440, propagatasi, nel corso dei secoli, in diverse regioni d'Italia. Di Pietro Paolo Floriani, dottore assai rinomato, il quale era stato Podestà di Perugia e di Rieti e che, nel 1531, era stato creato Conte Palatino, con tutti i suoi discendenti, esisteva in Foligno, nella Chiesa di San Francesco, un'iscrizione sepolcrale, assai onorevole. Di Flavio Floriani, figlio del precedente, sappiamo che occupò l'onorevole impiego di Uditore di Ruota in Perugia ed in Firenze, e che cessò di vivere nel 1593, dopo aver pubblicato alcuni poemetti nella toscana e latina lingua, oltre che un Commentario Legale. Lo Jacobili, inoltre, ci attesta che il detto Flavio possedeva una bellissima abitazione nella Compagnia della Croce, probabilmente, ove poi è stato eretto il maestoso Palazzo della Nobil famiglia Giusti. 

La famiglia levò per arme: Partito; nel primo d'oro all'aquila spiegata di nero sormontata da una corona imperiale al naturale; nel secondo troncato; a. d'azzurro alla cometa d'oro accompagnata nel cantone destro della punta da una stella del medesimo, b. scaccato d'azzurro e d'oro. Cimieri: 1. l'aquila spiegata sormontata dalla corona; svolazzi d'oro e di nero. 2. un fuoco al naturale; svolazzi d'oro e d'azzurro.



Pietro Paolo Floriani, Primo Conte del Sacro Romano Impero 


Figlio di Pompeo e di Claudia Rotelli, Pietro Paolo Floriani nacque a Macerata il 26 Aprile 1585. Dopo un iniziale apprendistato militare effettuato presso Alessandro Pallavicino marchese di Zibello, nel 1608 si recò a Crema. Qui grazie a Giovan Battista del Monte Santa Maria, sodale del padre Pompeo, egli stesso noto ingegnere militare e alto ufficiale pontificio, entrò alle dipendenze del governatore della città di Orazio del Monte. Perfezionò la propria formazione tecnica presso questo “valente cavaliero nelle fortificationi sì come nelle altre scienze”, figlio e discepolo di Guidobaldo Del Monte, uno dei più celebri scienziati del tempo di Galileo. Quell’esperienze fu accresciuta anche grazie ad un suo successivo soggiorno a Pesaro nel 1611 alla corte di Francesco Maria II della Rovere, duca di Urbino. Sposatosi ventunenne con Maria Fedeli, scomparsa nel 1608 dando alla luce la figlia Camilla, già nell’estate del 1612 il Floriani era annoverato tra i gentiluomini di Macerata. Pochi mesi dopo si trasferì in Spagna, stabilendosi a Madrid; qui si valse dell’insegnamento di Giovanni De’ Medici, che tra l’altro lo assistette convalescente dopo una “febbre ardentissima” che l’aveva ridotto in fin di vita.

Nel 1613 Filippo III lo incaricò di recarsi nelle Indie; i progetti da lui presentati in quella missione ricevettero il plauso della corte ma l’impresa non ebbe seguito. Fu successivamente incaricato di esplorare clandestinamente Algeri, rilevarne la pianta e redigere un piano articolato di conquista. Nel 1616 il sovrano spagnolo, presentò Pietro Paolo al governatore di Milano, don Pedro di Toledo, alle prese con la prima guerra di successione per il Monferrato. Egli venne allora indirizzato a don Tommaso Caracciolo, maestro di campo della fanteria napoletana e governatore di San Germano Vercellese: qui si distinse nel 1617, partecipando alla difesa della città di cui restaurò anche le mura. Dopo aver risieduto per un anno a Milano, nonostante l’offerta del re di Spagna di tornare alle sue dipendenze, forse per portare a compimento l’impresa di Algeri, preferì offire la sua opera all’arciduca Leopoldo, fratello dell’imperatore Ferdinando II, che stava affrontando l’insurrezione dei protestanti boemi guidati da Bethlen Gabor, nella prima fase della guerra dei Trent’anni.



Nell’estate del 1619 il Floriani ebbe l’incarico di fortificare Brisach, in Ungheria. Iniziò poi ad operare al seguito delle truppe imperiali, dapprima nella difesa di Pressburg (Bratislava) quindi di Vienna dove fu nominato capitano della legione della guardia cesarea. Ricevette dal governatore della città, Hans Caspar von Stadion, l’ordine di costruire un nuovo baluardo e due ponti levatoi presso la porta d’Ungheria e successivamente provvide a delineare un progetto complessivo per le difese della città. Nell’ottobre del 1620 fu nominato ingegnere nel corpo di artiglieria imperiale; in questa veste partecipò alla presa di Rosemberg (Ròszahegy) e si battè nella famosa battaglia della Montagna Bianca, nei pressi di Praga, l’8 novembre dello stesso anno. Nel 1621, dopo aver lasciato – nonostante le rimostranze del governatore – la direzione dei lavori intrapresi a Vienna, partecipò alla presa di Pisek e di Neuhausel (Ersekujvar). Insignito con decreto imperiale del 21 ottobre 1622 del titolo di conte palatino, nel maggio del 1623, insieme con altri ingegneri militari, fu inviato a Praga minacciata da Bethlen Gabor e dal pericolo di una rivolta interna. Con Baccio del Bianco fece costruire il baluardo di S. Lorenzo sotto la direzione del matematico ed ingegnere fiorentino Giovanni Pieroni con cui aveva già collaborato a Vienna. Assieme a lui nella stessa estate partecipò alla ricostruzione ed al restauro delle piazze di Pressburg e di Altenburg. Entrambe le piazze furono fortificate con l’aiuto del capitano Cristoforo Carcano e di suo fratello, il capitano Felice Floriani, al servizio del Wallenstein. Sempre nel 1623 lavorò alle fortificazioni di Eszstergom e della stessa Ersekujvar.


Con un proclama del I gennaio 1625 l’imperatore stabilì che il Floriani, nominato capitano e sergente maggiore, arruolasse insieme con il governatore di Vienna 3000 fanti tedeschi e 500 corazzieri da inviare al maresciallo Gottfriend Heinrich Conte di Pappenheim al servizio del re cattolico, allora impegnato nel feudo valtellinese in una nuova fase del conflitto che vedeva la casa di Spagna e d’Austria battersi contro le forze della lega capeggiata dalla Francia, postasi a difesa degli interessi dei Grigioni (1624-26).

Il 3 dicembre 1627 grazie alle premure di Federico Savelli e di Alessandro Sacchetti, famiglie a cui era legato il padre, e soprattutto di Paolo Sacchetti, che ne aveva illustrato i meriti militari al papa, il Floriani fu nominato vice castellano di Castel Sant’Angelo a Roma da Taddeo Barberini, nipote del pontefice e governatore della fortezza. Nel frattempo dopo essere ritornato a Macerata, egli proseguì la redazione della sua opera teorica intitolata Diffesa et Offesa delle Piazze pubblicata a Macerata nel 1630 da Giuliano Carboni. Ad essa seguì una seconda edizione postuma comparsa a Venezia nel 1654, per i tipi di Francesco Baba.

Sempre nel 1627 ritornato in patria, egli ebbe l’opportunità di seguire di persona il cantiere di costruzione del suo palazzo sito nell’attuale via Crescimbeni, effettuando al contempo anche alcune perizie, tra cui quella del ponte di Serravalle nei pressi di Camerino, oltre ad un intervento urbanistico nel comune di Caldarola. In novembre passò a seconde nozze con Lucrezia Gardina, vedova di Lorenzo Costa. Dopo essere stato nominato da Carlo Barberini, ingegnere supremo dello Sato della Chiesa e governatore delle armi dell’Umbria, agli inizi del 1629, fu inviato a Ferrara per portare a compimento la cinta muraria e perfezionare con alcune mezzelune la nuova fortezza pentagonale ivi eretta dopo la devoluzione. Più in generale assieme ad altri tecnici militari al servizio della chiesa, Floriani collaborò a vario titolo al rinnovamento delle difese del territorio delle legazioni pontificie, operando tra l’altro anche nel Forte della Stellata. Va probabilmente ascritto a questo periodo il suo progetto, in seguito portato a compimento, per la costruzione a Civitavecchia di una “tenaglia accresciuta di fuora con l’antimurale”, un’opera a corno di grandi dimensioni con una mezzaluna posta davanti a Porta Romana.


Palazzo Floriani – Macerata

A questo stesso periodo può essere fatto risalire anche il suo Discorso della reparatione d’Ancona, Fano, La Cattolica et Rimini, con cui si inseriva a pieno titolo nella politica di revisione e restauro delle fortezze cinquecentesche consolidatasi sotto il pontificato di Urbano VIII. Tra il 1632 e il 1633 durante la legazione del cardinale Pallotta egli fu a Comacchio assieme al suo collaboratore Francesco Guitti con l’incarico di realizzare un canale, dedicato al medesimo legato pontificio, scavato per facilitare il ricambio delle acque nelle valli circostanti.


Il Teatro
Un aspetto ignorato del soggiorno ferrarese del Floriani è il suo coinvolgimento nell’intensa vita teatrale cittadina. Nei lavori della fortezza e in quelli realizzati a Comacchio il Floriani ebbe come assistente il già menzionato Francesco Guitti (1600?-1640), celebre soprattutto per la sua attività di architetto teatrale e scenografo. Due taccuini rinvenuti in archivio, entrambi attribuibili alla mano del Floriani, hanno consentito di poter ricostruire con una certa precisione buona parte dell’apparato scenotecnico di almeno tre spettacoli allestiti dal Guitti tra il 1625 e il 1631. I primi due si riferiscono alle celebrazioni tenute a Parma nel 1628 in onore delle fastose nozze tra il duca Odoardo Farnese e Margherita de’ Medici. Il terzo invece fa capo ad un torneo a piedi con introduzione cantata e recitata intitolato La Contesa, rappresentato a Ferrara durante il carnevale del 1631 per il matrimonio tra Giovan Francesco Sacchetti e Beatrice Estense Tassoni. In quella occasione il medesimo Floriani contribuì all’allestimento della festa cavalleresca a cui tra l’altro partecipò direttamente nei panni di “venturiero”.

Proprio la consuetudine e l’intesa stabile tra Floriani e Guitti, motivarono la redazione di queste carte, scampate all’incuria del tempo e sopravissute al geloso riserbo con cui i tecnici teatrali hanno da sempre custodito le loro realizzazioni, al fine di proteggere con il segreto la meraviglia indotta dai macchinismi da loro stessi ideati.



Part. della pianta della fortificazione di Floriana ( Malta )


La Floriana – Malta




Su proposta del cardinale Francesco Barberini e di Fabio Chigi, futuro Alessandro VII, nel maggio del 1635 il Floriani fu poi incaricato dal papa di rafforzare le difese dell’isola di Malta, per scongiurare la minaccia di un ulteriore assedio turco. Giunto nell’isola nell’ottobre del 1635, accolto dai maltesi come “liberatore” dell’isola dal pericolo degli infedeli, nel suo primo rapporto egli sollecitò il Consiglio dell’Ordine a costruire un nuovo fronte bastionato che sostituisse le fortificazioni erette dal Laparelli nel 1566.



Dopo numerose vicissitudini tra il gennaio e l’aprile 1636 il Floriani, con al seguito l’architetto Francesco Buonamici suo assistente, il nipote Capitano Camillo Compagnoni, un prete come segretario e quattro staffieri, riuscì a tracciare il perimetro e a gettare le fondamenta della nuova fabbrica, che di lì a quattro anni sarebbe stata considerata parzialmente difendibile. Per i suoi meriti egli fu quindi nominato cavaliere gerosolimitano il 22 ottobre 1636, ricevendo per mano del cardinale Francesco Barberini, l’abito di cavaliere di devozione del Sacro Militare Ordine dei Cavalieri Gerosolimitani con una collana e una croce d’oro.


Agli inizi del 1637 dopo un breve soggiorno a Roma e a Macerata, egli fu infine richiamato in servizio a Ferrara, dove morì il 27 Maggio 1638. Come indicato nel suo testamento, fu sepolto insieme al fratello Felice, anch’egli valente ingegnere militare morto in battaglia al servizio del duca di Savoia, nella cappella familiare della chiesa maceratese di S. Croce, distrutta dai francesi nel 1799.


Sua sorella Angiolina Floriani, andò in sposa a Juliano Compagnoni (1583 – 1637) in tal modo tutti i titoli e privilegi, fra cui quello menzionato di conte Palatino del S.R.I, passarono per eredità alla casa Compagnoni.

Profilo biografico Floriani a cura di Giuseppe Adami




Arma della famiglia Floriani




Archivio Compagnoni Floriani – Macerata (tutti i diritti riservati – all rights reserved)

Nel 1° partito d’oro all’aquila bicipite coronata di nero. Nel 2° partito: a) d’azzurro alla stella d’oro; b) spaccato d’azzurro e d’oro. Motto: Virtute ex alto agitata crescit.



Ramo 'Compagnoni Floriani'





La famiglia COMPAGNONI FLORIANI ha remote e nobili tradizioni, e fu già chiarissima in tutto il Piceno. Secondo Cronisti e Storici insigni, si denominava anticamente Azzona o Attona, derivando il suo nome dalla Gens Actia. Di essa si trovano tracce già nell’ antica Città di Helvia Recina, distrutta nel corso delle invasioni barbariche, e della quale ancora oggi esistono le rovine nella vallata del fiume Potenza, in territorio di Macerata.
Famiglia d’ ininterrotta nobiltà, documentabile per oltre nove secoli: gli alberi genealogici risalgono ad un Actio o Attone del 1055, che militò per Leone IX contro i Normanni. Un Alberto, condottiero di Federico I°, il primo ad assumere il cognome dei Compagnoni (“cognomento Compagnonus”) risulta investito del titolo comitale di Villa Magna dal 1214.
A seguito del matrimonio di Giuliano Compagnoni di Giovanbattista (1583 – 1637) con Angela di Pompeo Floriani, ultima della sua famiglia, si trasferiscono in casa Compagnoni il titolo di Conti Palatini del S.R.I., i beni, il cognome, l’arma, i titoli e i privilegi della sua casa: fra i quali, il predetto titolo comitale, conferito il 21 Ottobre 1622 dall’ Imperatore Ferdinando II° a Pietro Paolo Floriani, Castellano della Mole Adriana (Castel Sant’Angelo in Roma), Governatore dell’ arme dell’ Umbria, cavaliere Gerosolimitano, Colonnello Cesareo, condottiero ed insigne scrittore di cose militari e teatrali, ingegnere famoso, cui si debbono, le fortificazioni della città di Ferrara, della Floriana nell’ isola di Malta ed altre.


Sunday, May 21, 2006

Storia Famiglia Zanutto di Prata (già Sayn-Zan)

ZANUTTO, ZANOTTO, ZANI 



Origine del casato - SAYN 

Sayn era nel medioevo una contea tedesca situata in Renania-Palatinato e nella Renania Settentrionale-Vestfalia. Vi furono due contee di Sayn: la prima contea nacque nel 1139. Giovanni, uno dei figli di Eberardo I, nell'ottobre 1154 seguì l'imperatore Federico Barbarossa in Italia dove venne infeudato, dando inizio ad un ramo Sayn-Zan. La contea, già poco dopo la sua nascita, si alleò con la contea di Sponheim. Il conte Enrico II è conosciuto perché nel 1233 fu accusato dal Gran Inquisitore tedesco Konrad von Marburg di orge sataniche. Alla morte di Enrico nel 1246 la contea finì ai conti di Sponheim-Eberstein e poi ai conti di Sponheim-Sayn nel 1261.

La seconda contea di Sayn comparve nel 1283 come parte di una spartizione di possessi dei conti di Sponheim-Sayn. Durò fino al 1608 quando fu ereditata dai conti di Sayn-Wittgenstein-Sayn. Delle dispute ereditarie dopo la morte di Guglielmo III di Sayn-Wittgenstein-Sayn fece sì che la contea fosse assegnata temporaneamente all'arcivescovo di Colonia, finché non fu deciso l'erede. Nel 1648, dopo la Guerra dei trent'anni, la contea fu divisa tra i Sayn-Wittgenstein-Sayn-Altenkirchen e i Sayn-Wittgenstein-Hachenburg.

Conti di Sayn (1139 - 1246)

  • Eberardo I (1139 - 1176)
  • Enrico I (1176 - 1203) con...
  • Eberardo II (1176 - 1202) con...
  • Enrico II (1202 - 1246)
  • Goffredo II (Conte di Sponheim) (1181 - 1220) - Reggente

Conti di Sayn (1283 - 1608)

  • Giovanni I (1283 - 1324)
  • Giovanni II (1324 - 1359)
  • Giovanni III (1359 - 1403)
  • Gherardo I (1403 - 1419)
  • Teodoro (1419 - 1452)
  • Gherardo II (1452 - 1493)
  • Gherardo III (1493 - 1506) con...
  • Sebastiano I (1493 - 1498) con...
  • Giovanni IV (1498 - 1529)
  • Giovanni V (1529 - 1560) con...
  • Sebastiano II (1529 - 1573) con...
  • Adolfo (1560 - 1568) con...
  • Enrico IV (1560 - 1606) con...
  • Ermanno (1560 - 1571)
  • Anna Elizabetta (1606 - 1608)



SAYN-ZAN poi ZANUTTO del Friuli 



MOTTO: "Donum Domini"



La tradizione vuole il ramo discendente da Giovanni, uno dei figli del conte Eberardo I (1139 – 1176) di Sayn. Giovanni scese in Italia al seguito dell’imperatore Federico Barbarossa nell’ottobre 1154. Nel 1155 rimase come retroguardia nei dintorni di Firenze, dove restò fino al 10 marzo 1162, fece parte del contingente degli assedianti di Milano, per i servigi resi venne infeudato della signoria castello della Motta, a nord di Firenze, presso uno dei passi naturali per uscire dalla Toscana. Ioannes di Sayn diventò Ioannes di San e poi di Zan. I suoi discendenti vennero chiamati Zani o Zano. Dalla Toscana a “ondate” emigrarono seguendo la via Bologna-Veneto-Friuli. L’incontro con i diversi dialetti emiliani e veneti, favorì ulteriori mutamenti di cognome da Zano in Zanotti, Zanotto e Zanutto e dell’antico blasone, nel tempo si divise nei seguenti rami:
  • gli Zani o Zano di Bologna;
  • gli Zanoto o Zanotto o Zannuto o Zanotti di Padova;
  • gli Zanotto o Zanutto di Venezia;
  • gli Zanutto del Friuli ( Zanutto di Prata e di Spinazzedo, Zanutto di Azzida, Zanutto de Sanguarzo)



Il cognome Zanutto deriva quindi dalla cognomizzazione del nome del Conte "Giovanni" (Anticamente "Zuane" o Dono del Signore). E' quindi chiara la matrice religiosa e apostolica per questo cognome, che peraltro è anche motivo della sua diffusione in relazione ai molteplici santi di nome "Giovanni".



ZANUTTO delle Valli del Natisone

Il cognome Zanutto, è arrivato nelle valli del Natisone dal Friuli. La sua penetrazione sul territorio sloveno è iniziata agli inizi del secolo scorso. Nel 1805 un certo Stefano Pich di Scrutto sposa "Catharina filia qm. Joannis Baptistae De-Zanutto di Azzida" mentre nel 1857 "Joannes Baptista Di-Zanutto de Sanguarzo" sposa Maria Dorbolò di Vernasso (Libri dei matrimoni di S. Pietro al Nat.). 

Succssivamente "Franciscus filius Jacobi Zanutti et qm. Theresae Laurenzetto" di Orsaria (nato il 23/5/1852) sposò il 25 settembre 1880 Maria figlia di Giovanni Trusnich di Arbida (Grimacco). Dal matrimonio nacquero Felicita (1883) e Giuseppe Luigi (1885). Quest'ultimo sposerà Carlig Luigia di fu Michele da Osgnetto dalla quale ebbe tre figli: Maria Annetta (1910), Igino (1914) e Giuseppe (1920).

Nel 1877 si era sposato a Scrutto Luigi Zanutto, figlio di Giacomo, anch'egli di Orsaria (probabile fratello del citato Francesco). Nel 1891 era arrivato a Scrutto anche Zanutto Antonio, figlio di Giacomo e di Marianna Scaravetto oriundo di Vicinale di Buttrio. In quell'anno si era sposato con Antonia Gariup di Scrutto. Queste ultime due famiglie si sono poi estinte ed ora a Scrutto di S. Leonardo vivono solo i discendenti di Zanutto Francesco oriundo di Orsaria.

Nel 1638 un certo "Leonardo Zanuto di Butinigo" (= Bottenicco) aveva pagato al parroco di S. Leonardo una santa messa votiva (Dal I. Libro dei battesimi di S. Leonardo, 1628-1675). 

Il cognome originario Zanùt, modificato poi in Zanutto, è sorto dalla forma contratta e aferetica Z(u)an col formante diminutivo friulano -ùt. Alla base del cognome c'è dunque l'agionimo (nome di santo) Joannes / Giovanni. Da notare che anche tra gli sloveni delle valli del Natisone colui che portava il nome proprio Giovanni veniva chiamato familiarmente con questo nome di origine friulana (Zanùt).

Il cognome Zanutto è diffuso in tutto il Friuli ma nelle valli del Natisone è arrivato da uno dei paesi del circondano di Cividale (Fornalis, Rualis o Sanguarzo).



ZANUTTIG E ZANUTTICH

Dalla forma onomastica friulana Zanùt è sorto, col formante sloveno -ič, il cognome ibrido friulano-sloveno Zanùtič (forme it. Zanuttigh, Zanùttig o Zanutich) che è diffuso nel Cividalese e in modo particolare a Gagliano (cfr. 1841 "Aloisius qdm. Petri qdm. Antonii Zanutich de Gagliano" sposa Anna Struchil del Ponte S. Quirino).

Accanto al cognome Zanuttig segnalo anche i cognomi ibridi Zorzéttig(Spessa di Cividale) sorto, col formante sloveno -ič, dalla forma aferetica friulana Zorzèt (= Giorgetto) e il cognome Zuanich sorto, col formante -ič, dal nome proprio friulano Zuan (= Giovanni). Quest'ultimo cognome è presente anche ad Udine (zona di Beivars) ma è là emigrato dal Cividalese o, più probabilmente, da Valle di Soffumbergo (in sloveno Podcirkvijo) in comune di Faedis dove era endemico. Faccio però notare che questo cognome era presente anche a Vernassino in comune di S. Pietro già all'inizio del 17. secolo.




Stemma Zanutto su Ceramica




Stemma utilizzato dagli Zanotto (mutazione di Zanutto)




Sunday, April 30, 2006

Storia Famiglia Bertucci ( poi Contarini Bertucci e Tolot Bertucci)

BERTUCCI  


La famiglia Bertucci trae origine nella seconda metà del sec. X da Petrone de' Lambertazzi duca e marchese. Lamberto, detto Lambertazzo, principe di Bologna nel 1103, vi teneva il primato ghibellino avverso ai Geremei guelfi di parte popolare. La famiglia diede prima del 1211 sette consoli a Bologna e fuori ventun potestà. Lambertuccio, stabilitosi nella Marca d'Ancona, ebbe per figlio Lamberto, console di Montecchio (Treia) acquirente nel 1161 del castello di S. Lorenzo con atto per notaio Julianius. Il 14 aprile 1219 Bertuccio è da Cingoli nominato procuratore e Sindaco, per fare convenzione con San Severino. Da lui discende quel "Magistri Esculanos de Bertutiis de Cingulu, notarii in pubblicum instrumentum" (9 febbraio 1287). Da qui il cognome divenne Bertucci. La famiglia Bertucci del ramo di Val di Taro nel 1704, dal titolo Comitale, fu insignita del titolo Marchionale da parte del Duca Francesco Farnese. Proprietari dell'omonimo barocco Palazzo Bertucci e fondatori dell'Arco Bertucci a Borgotaro (Borgo Val di taro).

Numerose diramazioni si ebbero in Sicilia, alle rive del Taro, in Danimarca, Spagna, Verona, Trento, Venezia, Osimo ed Acuto. Figure eminenti dalle Crociate ad oggi sono da notare Giambattista che si distinse a Lepanto e che ebbe l’onore di ospitare in Cingoli il pontefice San Pio V (Ghislieri) ed il tesoro di S. Pietro. In famiglia vi furono cavalieri gerosolimitani, gran croci di S. Stefano e costantiniani di S. Giorgio, ambasciatori, cospicui graduati, letterati, pittori, prelati etc.


Famiglia Bertucci, Dal Dizionario Storico Blasonico

Famiglia Bertucci, Dal Dizionario Storico Blasonico
Famiglia Bertucci, Dal Dizionario Storico Blasonico 

Il Cognome  Bertucci si dice derivi dal termine medievale ''Bertesca'' che stava ad indicare una fortificazione posta sulla strada di avvicinamento di un castello.


TITOLI DELLA FAMIGLIA BERTUCCI

  • Conte Palatino - da Papa Clemente XIV 
  • Conte di Borgotaro - nel 1774 dal Duca Ferdinando d’Asburgo di Parma
  • marchese di Borgotaro- dal Duca Francesco Farnese di Parma
  • Conte del sacro romano impero - nel 1774 dal Duca Ferdinando  d’Asburgo di Parma
  • Conte della Castellania di Montefano Vecchio - da Papa Clemente XIV 
  • Conte del sacro romano impero - nel 1828 dall’Archiduchessa Maria Luisa d'Asburgo-Lorena
  • Conte e Nobile di Cingoli 
  • Patrizio di Camerino
  • Nobile di Osimo 


Illustri membri di questa famiglia (preso da: Biblioteca picena o sia notizie istoriche delle opere e degli scrittori Piceni - TOMO SCONDO - Lett. B.):

  • BERTUCCI ( Vincenzo ) Conte e nobile Osimano, e figlio di Alessandro, si applicò con impegno alle lettere nel nostro Collegio Campana, e quindi recatosi in Padova, attese a perfezionarsi nelle medesime, congiungendo agli ameni studi quello ancora della giurisprudenza. Nella dimora, che trasse per più anni in detta celebre Università , seppe cattivarsi l' amicizia , e la stima di molti letterati , ed in particolar modo del dottissimo Gio. Antonio Volpi , da cui faceasi gran conto del di lui ingegno, e buon gusto nello scriver latinamente, non meno in verso, che in prosa. Fece quindi ritorno alla patria, donde di lì a non molto si trasferì a Roma per darsi al pratico esercizio delle Leggi, per cui fu ammesso nello studio dal dotto Avvocato Niccolò Sala. Ma poì cambia-to sentimento, andò Governadore nella terra eli Pilo, luogo feudale , e quivi si morì nella più verde ecì , lascian-do di se gran desiderio agli amatori delle lettere. Il Mazzuchelli lo distingue coll'elogio di colto poeta latino ; dicendo, che si ha di lui alle stampe una bella elegia : De Jo. Antonio Vulpio , ejusque nova recensione Corminum Sen. Aurelii Propertii , impressa poi col Properzio pubblicato, e illustrato dal detto Volpi : Parami excudebat Josophus Cominus 1755. in 4. Alcune copie dello stesso nitido componimento furon tirate separatamente dal Vo-1,1:ne, e andarono per le mani de' dotti , che ne gustarono il pregio. Diè similmente alla luce un'orazione accademica , detta in Padova nel 1754, la quale ha per titolo : Orario pro solemni studiorum instauratione Gymnasii Patavini babita in AEde Cathedrali a Vincentio Bertuccio Nobili Auximate Kal. Novembr. MDCCLIV. Paravii apud Cajetanum de Blasiis Almae Universitatis Typogr.

  • BERTUCCI ( Francesco ) Conte e Patrizio di Cingoli, nacque di Gio. Battista, e di Elisabetta dei Conti Giulioni nel cadere del secolo XVI. Essendosi applicato allo studio della giurisprudenza e della storia municipale , ebbe gran parte nella compilazione delle Memorie della Città di Cingoli, stampate col nome di Orazio Avicenna, il quale inserì nello stesso libro due lettere del Bertucci . Morì questi l' anno 1633. con dispiacere de' suoi concittadini, e trasmise agli eredi i seguenti mss. , che I' ab. Lancellotri riconobbe già presso l'eruditissimo sig. Conte Giambattista Bertucci, di cui qui appresso, e sono:

  1. 1.       Memorie Storiche di Cingoli, in 4. Tom. I.
  2. 2.       Commentaria in librum Sententiarum , in fogl.
  3. 3.       Trattatus de Fidecommissis , in fogl.
  4. 4.       Tractatus de Testamentis, in fogl.

  • BERTUCCI (Giambattista) Conte e Patrizio Cingolano , nacque sul finir del secolo XVII. da Girolamo Bertucci, e dalla Principessa Giulia Lupi Anconitana. Come risulta dal libro delle Riformanze, a soli 24 anni fu nominato Gonfaloniere di Cingoli. Da Papa Clemente XIV fu investito del titolo comitale della Castellania di Montefano Vecchio. Ricevette la prima educazione in patria, e quindi presso l' avo materno in Ancona apprese le lettere, e singolarmente la poesia dal P. Reggio Siciliano. Attese poscia alle scienze filosofiche, e specialmente alle matematiche sotto il dott. Biagio Galiani, che si diè premura di fargli gustare al tempo stesso an-che le prime istituzioni di medicina. L' ingegno elevato del Bertucci potè di leggieri spaziare in tutte le scienze, onde non si ristette di fornirsi eziandio delle cognizioni teologiche, e legali nell'Università di Fermo, avendo a maestro il sig. Dot. Silotti . Tornato in Cingoli, proseguì senza requie sino alt ultima vecchiezza i suoi amati studj , cui per meglio attendere, uso ira di passare buona parte dell'anno nella solitudine d' una villa. Ivi egli ri-chiamò ad esame le teorie de' più celebri filosofi, ed ivi scrisse la maggior parte delle sue Opere, frutto ben degno delle più serie e profonde meditazioni. Segregandosi dalla turba de' servili ingegni, si diè a formare nuovi sistemi filosofici, per cui dalla natura fornito era di una mente quasi creatrice, come ben fu avvertito dall' autore dell' Antologia al num. XI. di settembre del 1776. Questi poi comunicar volle a' più accreditati Professori del suo tempo, cioè al cav. Antonio Vallisnieri, al Poleni , ai Manfredi , al Zendrini , al co. Fagnani , e alla sig. Maria Agnesi , da'quali con giuste lodi furon corri-sposte le dotte sue produzioni. Ma di ciò non satisfatto, I’anno 1736. intraprese un viaggio verso la Lombardia, fermandosi in Bologna, e quindi in Padova, in Venezia, e in Milano, per esplorare ne' frequenti congressi l' autorevole sentimento di que' valentuomini . N'ebbe però il vantaggio di ricredersi talora, com' egli solea dire, di varie sue opinioni, e di meglio sistemar le altre, che incontrarono quindi l' approvazione de' suoi dotti amici . Da questi ricevette bene spesso forti, e replicati stimoli per la pubblicazione de suoi scritti, che a riguardo del numero, e del merito avrebbero portato onor sommo all' autore , e vantaggio alla filosofica repubblica ; ma egli , via-to da soverchia moderazione d' animo, non mai seppe indursi a secondare l' altrui desiderio, e quindi siamo privi (e forse lo saranno ancora i nostri posteri ) dell' utile, e del piacere, che derivato sarebbe dalle dotte fatiche di sì grand'uomo. Accadde la di lui morte a 22. di luglio del 1774, cd i molti suoi mss. passarono nelle mani del dottissimo cavaliere Pietro Paolo Compagnoni Floriani, patrizio Maceratese, di lui intimo amico, che si era proposto di darne in luce alcuna parte, stimata più pregevole; ma prevenuto ancor’egli da immatura morte, tornarono que' codici in potere degli eredi; onde dovrà il pubblico restar contento del solo catalogo , dopo essersi già dato in parte dell' Albrizj nelle notizie della sua Colonia Cingolana , e nel divisato foglio dell'Antologia. Prima nondimeno alcuna cosa si dica delle rime; che si hanno di lui alla stampa . Essendo il suo genio inchinevole alle muse toscane, e latine, godette I' aggregazione a diverse accademie , e in quella degli Arcadi potò il nome d' Inalbo Eumenidio , come può vedersi nel Crescimbeni, e nel Mazzuchelli. Leggonsi però XI. sonetti, con una canzone nel Tom. VII. delle rime degli Arcadi, altri componimenti nel Volume 1V. delle poesie aggiunte alla Scelta del Gobbi , ed altri se ne hanno in diverse Raccolte. Una lettera, scritta dall' autore al ch. sig. canonico Giuseppe de' Conti Lavinj (di lui grande amic0, e per tante dotte produzioni sommamente benemerito della letteraria repubblica) fu impressa in fronte alle di lui Rime Filosofiche, pubblicate in Roma nella Stamperia di Giovanni Zempel 1750. in 8., e di nuovo riprodotte in Milano l'anno medesimo in 4. con varie note. In questa seconda ristampa a pagg. 74. 78. e 85. riferisce il detto sig. can. Lavinj alcune nuove opinioni del nostro filosofo Cingolano intorno ai corpi celesti' al-la luce, ed alle macchie solari , e nell'altra sua Opera del Paradiso Riacquistare, nel Canto XII. pag. 84, fece egli onorata menzione del suo Bertucci coi seguenti versi:

‘Già varcati ho di Cingoli i frondosi Monti, e rividi il mio Bertucci, il grande Ornamento, e splendor del secol nostro, Che di tutti i filosofi pile degni Col sublimi pensar agguaglia il merto.’





Contarini Bertucci

Un ramo importante della famiglia si ha con i Bertucci Contarini imparentati con la famiglia Veneziana dei Dogi Contarini. 

Illustri membri di questa famiglia:

  • Bertucci Contarini (d. 1490), Procuratore di San Marco nel 1485 
  • Nicolò Contarini Bertucci: Nacque a Venezia, dal ramo di S. Samuele dell'antica ed illustre famiglia veneta, il 24 sett. del 1780, figlio secondogenito del senatore Bertucci Paolo, che, a seguito di risoluzione politica dei sovrano austriaco riguardo i notabili veneti, otteneva conferma di nobiltà il 1° dic. 1817 e veniva fregiato del titolo comitale con tutta la discendenza l'11 sett. 1818, e della nobile Laura Albrizzi di S. Apollinare.


Tolot Bertucci





Questo Ramo della famiglia è nato dall'unione del Marchese Tolot di Genova con la Contessa Bertucci di Val di Taro e Cingoli, a sua volta imparentata con i Conti Della Torre. La famiglia Bertucci nel 1704 fu insignita del titolo Marchionale da parte del duca Francesco Farnese e di Conte Platino dal Papa Clemente XIV. Proprietari del barocco Palazzo Bertucci e dell'Arco Bertucci a Borgotaro (Borgo Val di taro).







Altri Rami Famiglia Bertucci:
  • Bertucci di Borgotaro
  • Bertucci di Cingoli
  • Bertucci dell' Emilia
  • Bertucci di Bologna
  • Bertucci di Pistoia
  • Bertucci di Roma
  • Contrarini Bertucci di Venezia
  • Tolot Bertucci di Venezia 

Bertucci di Borgotaro



Bertucci di Cingoli










Residenze Famiglia Bertucci:


Palazzo Bertucci


Stemma Matrimoniale della Famiglia Bertucci con la Famiglia Alfieri
Stemma Matrimoniale del Conte Bertucci con la Marchesa Alfieri
(Palazzo Tolot Bertucci)

Il Palazzo Bertucci, ora Palazzo Bertucci Tolot, è un edificio dalle forme barocche situato in via Nazionale 72 a Borgo Val di Taro, in provincia di Parma.


Storia
Il palazzo fu innalzato verso la fine del XVII secolo per volere della famiglia Bertucci, che nel 1704 fu insignita del titolo comitale da parte del duca Francesco Farnese; l'edificio sorse a pochi metri dal non più esistente Portello, che rappresentava la più antica porta d'accesso al borgo, posta di fronte al ponte sul fiume Taro.

Nella seconda metà del XVIII secolo l'imponente palazzo fu visitato in più occasioni dal duca Ferdinando di Borbone e da sua moglie Maria Amalia d'Asburgo-Lorena.

L'edificio appartiene ai Tolot Bertucci Della Torre Antinori, eredi dei conti Bertucci.



Descrizione
Il grande palazzo si sviluppa su una pianta quadrangolare attorno a un cortile centrale rettangolare; a causa dell'elevata pendenza del terreno i due prospetti a valle e a monte differiscono di due piani.

La semplice facciata d'ingresso su via Nazionale si innalza su tre livelli; il piano terreno, ove si aprono numerose vetrine di negozi, è rivestito in bugnato, mentre i piani superiori, che presentano una serie regolare di finestre delimitate da cornici dipinte, sono intonacati. A contrasto l'imponente prospetto opposto, interamente intonacato, si innalza simmetricamente su cinque livelli oltre a sottotetto al termine di via Taro, che ancora oggi costituisce l'accesso principale a Borgo Val di Taro; gli spigoli dei primi 4 piani e le aperture sono delimitati da eleganti cornici in bugnato, a partire dai tre portali del piano terreno, tra i quali si distingue quello centrale ad arco a tutto sesto, ornato con stelle e un piccolo stemma in sommità; al piccolo balcone centrale del terzo piano si sovrappone una lunga balconata con balaustra bombata in ferro battuto al livello superiore, che costituiva originariamente il piano nobile, in quanto corrispondente al primo piano della facciata d'ingresso a monte; il sottotetto si affaccia in sommità oltre una fascia marcapiano con una serie di piccole finestre ovali. Sul fianco sinistro, raggiungibile attraverso la scalinata d'accesso al borgo, si aprono due portali ad arco a tutto sesto con cornici in bugnato, il secondo dei quali costituiva in origine l'ingresso principale del palazzo.

Dall'accesso su via Nazionale si accede attraverso un lungo corridoio rivestito in pietra al cortile centrale, dominato dal loggiato retto da colonne in arenaria. Sul pianerottolo dello scalone è murata una targa raffigurante gli stemmi borbonici, apposta a ricordo delle visite compiute dal duca Ferdinando e dalla moglie Maria Amalia.

Al piano nobile sono presenti vari ambienti decorati con affreschi rappresentanti scene mitologiche, allegoricamente celebrative dei conti Bertucci; i dipinti, restaurati agli inizi del XXI secolo, furono eseguiti nei primi anni del XVIII secolo da vari autori, tra i quali probabilmente Antonio Boni, Antonio Contestabili e Alessandro Gherardini, che vi lavorò nel 1703.

La volta a padiglione di copertura del salone è ornata con stemmi dipinti sul contorno, mentre al centro si staglia una grande cornice modanata in stucco, che racchiude l'affresco raffigurante Bacco incontra Arianna addormentata nell'isola. La volta della sala adiacente è decorata con dipinti rappresentanti volute, medaglioni, racemi e fiori e, all'interno della cornice centrale in stucco, con l'affresco raffigurante Venere che allatta Amore, assistita dalle tre Grazie. L'ambiente accanto è interamente coperto sulle pareti e sulla volta con affreschi raffiguranti cornici, putti, piccole scene mitologiche e, in sommità, una grande cornice ricca di fregi contenente Giunone, colpita dai dardi di Cupido, viene condotta all'Olimpo. L'ultima sala è anch'essa coperta da una volta a padiglione, decorata con affreschi rappresentanti una finta architettura che inquadra al centro Aurora che rapisce Cefalo.



Villa Tolomei Bertucci

Villa Tolomei Bertucci è una dimora risalente al XIV secolo appartenuta alla famiglia Tolomei per poi passare ai Bertucci. Il complesso immobiliare è costituito, sin dalla sua origine, da diversi edifici per circa 3.500 mq di superficie, collocati all’interno di 17 ettari di parco che presenta ancora le tracce della vecchia organizzazione a poderi.

L’edificio principale, a pianta rettangolare, si sviluppa su tre livelli per una superficie complessiva di 630 mq. Sul frontone della facciata la Villa conserva ancora lo stemma con le armi incrociate risalente alla famiglia Tolomei e, al suo interno, ha una piccola cappellasconsacrata. Gli elementi decorativi, gli stucchi e gli affreschi che adornano le pareti risalgono alla fine del ‘700.

Il nucleo centrale della Villa è collegato alla parte più antica costituita dall’ex Conventino, o Fattoria, da una galleria che è stata aggiunta intorno agli anni ’50, insieme alla Limonaia. Al complesso principale della Villa appartiene la casa colonica, dalla forma semplice e regolare, articolata su due livelli. Di non minor pregio è la dépendance, edificio dalla struttura in muratura tradizionale modificato più volte nel corso del tempo. Passata poi alla Famiglia Bertucci, attualmente è un esclusivo resort a 5 stelle immerso nelle colline di Firenze, a soli 5 minuti dal centro storico e a 2,7 km dal Ponte Vecchio, dotato di tutti i comfort.


Villa Bertucci, Pasquali da Capparello o Palazzo delle Bertucce

Villa Pasquali da Cepparello o Palazzo delle Bertucce è un edificio storico che si trova nel comune di Scandicci, in via di Triozzi.

Tra le tante ville e case coloniche trasformate in residenze signorili, si può notare una grande villa. 
La villa fa parte di un complesso di edifici: prima dei Bertucci e in fine dei Pasquali-Da Cepparello. Frutto, nel corso dei secoli, dell'assemblaggio di vari edifici; come le due grandi Torri trecentesche erette della famiglia dei conti Bertucci, da cui deriva il nome Palazzo delle Bertucce, forse a causa delle molte donne che vi abitarono.

Nella prima metà del XV secolo la villa dai Bertucci passò di proprietà ai Serragli, i quali la rivendettero nel 1498 agli Uguccioni.

Nel 1534 fu venduta ad Alessandro di Andrea Pasquali, celebre medico fiorentino archiatra del duca Alessandro de' Medici e del duca Cosimo I.

Nell'Ottocento, all'estinzione della famiglia Pasquali, passò in eredità prima al ramo dei Capponi Pasquali e poi ai Pasquali Da Cepparello.

Oggi l'edificio è adibito ad azienda agricola.
Di fronte alla villa è stato eretto un tabernacolo ottocentesco: protetta da una grata di metallo, si trova una statuetta della Madonna.
Sotto la grata, è stata incisa una giaculatoria nella quale si invoca la protezione della Madre di Dio per il viaggio del pellegrino.
L'iscrizione recita così:

SE NON INVOCA TE DOLCE MARIA
NON HA SICURA IL PASSEGGER LA VIA.
1869.

Sono ancora ben conservate anche le cinte murarie e la cappella dedicata ai SS. Cosma & Damiano.

Oratorio di San Bernedo di Case Bertucci 


Referenze:
https://it.wikipedia.org/wiki/Palazzo_Bertucci

https://www.brepolsonline.net/doi/abs/10.1484/J.arch.3.522?download=true&journalCode=arch

Francesco Giuseppe Romeo, Storia di Scandicci, tipografia S.T.A.F., Firenze, 1981.
https://www.retaggio.it/famiglie-illustri-genovesi/
https://www.antiqui.it/doc/personaggi/bertucci.htm
http://web.tiscali.it/ARALDICA/Nobilt%E0_e_Titoli_Marche.htm
https://bresciagenealogia.wordpress.com/2019/06/13/la-cascina-peschiera-e-gli-stemmi-peroni-e-bertuzzi-di-rovato/
https://www.collegio-araldico.it/wp-content/uploads/2020/03/LIBRODORONOBILTAITALIANA.pdf
https://www.antiqui.it/doc/personaggi/bertucci.htm
Memorie Storiche di Cingoli, in 4. Tom. I.
Commentaria in librum Sententiarum , in fogl. 
Trattatus de Fidecommissis , in fogl. 
Tractatus de Testamentis, in fogl.
Bibliografia:
Biblioteca picena o sia notizie istoriche delle opere e degli scrittori Piceni - TOMO SCONDO - Lett. B.
Osimo MDCCXCI Presso DOMENICANTONIO QUERCETTI STAMP. VESCOV. E PUBB